Influssi della luna

“Seminate le fave nel quindicesimo giorno della luna e coglietele avanti giorno, a luna nuova, e appena si sono seccate sull’aia, battetele, ventilatele e mettetele in granaio, in fretta, prima che la luna ricominci a crescere. Ripo­ste così non subiranno danno dai vermi”.

Così raccomandava Lucio Giunio Columella, in un suo testo, “L’arte dell’a­gricoltura”; vissuto nel primo secolo dopo Cristo, (al tempo di Nerone), quin­di più di duemila anni fa. Già da allora qualunque attività agricola veniva regolata dalle fasi della luna. E tale pratica è rimasta intatta e attuale fino a pochi anni fa. Fino a quando i sistemi di conservazione delle derrate alimen­tari non si sono avvantaggiate dalle novità introdotte dalla moderna tecno­logia. Ma non è raro sentire ancora qualcuno chiedere o ragionare se è l’una buona o luna cattiva.

La luna veniva considerata “buona” quando era in fase calante, e era inve ce cattiva quando era in fase crescente.

Nel tempo in cui non c’erano i calendari da consultare per sapere in che fase si era, si chiedeva ai più anziani, che erano i depositari del sapere; vere e proprie enciclopedie viventi edotti dalle informazioni tramandate oralmente e arricchite da esperienze personali. Per non sbagliare grazie al loro spirito di osservazione avevano coniato il detto; gobba a ponente luna crescente, gobba a levante luna calante. Per saperlo bastava loro alzare lo sguardo al cielo la sera. Per gobba si intende la parte semicircolare della luna, natural­mente quando non è piena. Quindi quando la parte semicircolare volge a est (levante) essa è calante; quando invece volge ad ovest (ponente) essa è in fase crescente.

Nella fase di luna calante, detta buona, venivano fatti i semenzai (pian­tolari), delle piantine dell’orto, che nate in questa fase vegetavano di più e ritardavano la salita a seme (spighèno più tardi) ed erano più produttive. Come dice Columella, venivano seminati e raccolti i prodotti che dovevano essere conservati senza trasformazioni, allora le fave, poi secoli dopo, le pa­tate i fagioli ecc.

Le viti, che dovevano dare i tralci da conservare, (I soreminti pe appiccià jo fuoco, o pe fa ollì la cottora) venivano potate in luna calante altrimenti (i soreminti se taroleno) trasformandosi in segatura. Anche le canne per so­stenere le viti e le piante dell’orto, e i vimini che venivano usati per le più svariate legature, venivano tagliati con la luna buona, perché più durevoli. Sempre in questa fase e con la massima accortezza si tagliavano (le macchie) per ottenere il legname da usare nelle costruzioni o in campagna. In riferi­mento al legname, per capire se i nostri vecchi avessero ragione o meno, basta pensare ai tetti delle antiche case del paese, che a distanza di centinaia d’anni dalla loro realizzazione hanno resistito senza mostrare alcun segno di cedimento alle copiose nevicate degli ultimi anni, che hanno distrutto mo­derne coperture in acciaio di diversi capannoni. Nella fase di luna calante, sembra che tutto si quieta, anche il vino che deposita le impurità, ed in tale periodo si approfittava per effettuare i travasi. Sempre con la luna buona si mettevano le chiocce (le luocche) a covare, veniva sacrificato il maiale, veni­vano effettuati gli innesti…
Detto così, sembra quasi che nella fase di luna cattiva, i nostri vecchi si riposassero; ma il riposo allora non esisteva, perché in base al periodo sta­gionale, avevano da vangare e zappare le viti altrettanto per l’orto, fare (la maese) per seminare il grano, lavorare (le live), mettere i sostegni alle viti e….